UNA DIETA SANA PER UNA VITA SANA

La dieta, lo sappiamo, rappresenta la strada da intraprendere per giungere ad un livello fisico soddisfacente non solo sotto il profilo estetico ma anche (e soprattutto) sotto il profilo della salute. Un “peso forma” che permetta ai nostri organi interni di funzionare nel migliore dei modi è un “sogno” che può trasformarsi in realtà se però, oltre alla nostra costanza, ci lasciamo guidare da un professionista del settore.

La Dottoressa Elisa Ciraci ci illustrerà nelle prossime righe l’atteggiamento migliore da seguire ogni qual volta prendiamo in mano coltello e forchetta.

Elisa Ciraci, biologa nutrizionista e… qualche altra specializzazione che è giusto ricordare?

No, io mio sono laureata in biologia e poi mi sono specializzata in nutrizione umana…

Quindi parliamo di cibo. In Italia abbiamo tante meraviglie, tra cui quella della tavola. Ogni regione ha le sue caratteristiche culinarie eppure, stando ai dati che emergono, esistono dei problemi di “cattiva cultura” del cibo.

Possiamo definirla “cattiva cultura” del cibo ma direi soprattutto diseducazione alimentare. C’è sempre stata e continua ad esserci, l’idea che “più si mangia e più si è belli”. Ciò non è assolutamente vero. Pensiamo alle nonne che “ingozzano” i propri nipoti di cibo: il nostro problema è che ci sovralimentiamo ma non ci nutriamo. Nutrirsi significa assimilare sali minerali, macronutrienti e tutto ciò che serve al nostro organismo per poter funzionare al meglio. Dobbiamo imparare a educarci all’alimentazione partendo dalle “piccole” abitudini pratiche: rispettare i cinque pasti giornalieri, approcciarsi ad una tavola “colorata” con cibi di tutte le origini e fare proprie queste abitudini per poi portarle avanti per tutta la nostra vita.

Spesso i bambini sono i soggetti che, più di altri, risentono del problema “obesità” dovuta anche a messaggi televisivi errati. Quant’è importante l’educazione del cibo fin da quando si è piccoli e quanto influisce, in termini negativi, la pubblicità?

Purtroppo, bisogna dire che la pubblicità influisce in maniera molto negativa sui bambini. Basti pensare che i nostri figli passano ore intere davanti al televisore e, guarda caso, tutti i programmi destinati ai più piccoli sono ricchi di pubblicità che danno informazioni errate. I bambini devono imparare a mangiare bene in quanto il loro futuro, in termini di salute, dipende proprio da ciò che mangiano fin da piccoli. In questo hanno un ruolo fondamentale i genitori; sono loro, infatti, che devono tramandare abitudini alimentari ai figli. Tutto ciò che il bambino non mangia è spesso spiegabile con la “non abitudine” a quel determinato cibo. Già intorno ai sette anni, quindi nella “seconda” infanzia, sono riscontrabili problemi di diabete, ipertensione, ipercolesterolemia che, a lungo andare, possono portare a serie conseguenze in termini di salute. Un ruolo importante per un corretto approccio col cibo potrebbe essere assegnato anche alla Scuola, introducendo l’Educazione alimentare come materia di studio. Ciò aiuterebbe le famiglie ed anche noi nutrizionisti.

Rimanendo sempre in ambito infantile e adolescenziale, spesso l’idea che in questa fase di vita si “bruci” tutto ciò che si mangia rappresenta una sorta di semaforo verde per ingerire cibo di qualsiasi genere. È veramente così o è una diceria popolare?

Direi che non è assolutamente vero anzi è più una voce di corridoio. È vero, infatti, che a quell’età si ha un metabolismo più accelerato e quindi è più facile assimilare meglio e “buttar via” gli eccessi però dipende anche da quello che si mangia. Un ragazzo può anche mangiare tanto nutrendosi bene, avendo così dei risultati positivi sulla propria salute. Al contrario, si può mangiare poco e male ed avere dei gravi danni. La riterrei più una scusa, dunque, per poter accettare il fatto che molti ragazzi mangiano in maniera sbagliata.

Da ex bambino degli anni ’80 ricordo pubblicità di prodotti confezionati. In base alla tua esperienza, in termini di conoscenza e di ragionamento su ciò che la pubblicità ci offre, la situazione è migliorata o peggiorata da quel periodo ad oggi?

Su questo c’è da fare una riflessione: è vero che oggi la gente è un po’ più informata e non prende per oro colato tutto ciò che si legge o si sente ma è altrettanto vero che i tempi sono cambiati. Conduciamo una vita più frenetica, molto tempo da dedicare al lavoro ed altre attività e poca pazienza da dedicare ai nostri interessi e alla nostra salute. I prodotti hanno subìto una trasformazione in negativo: pensiamo, ad esempio, all’aggiunta di maggiori coloranti e conservanti per far sì che durino più a lungo. Io sono dell’idea di privilegiare, per quanto possibile, gli alimenti freschi dati dalla natura, tenendo conto che la situazione non è facile ma, con un po’ di impegno, potrebbe essere possibile. La pazienza di oggi può sicuramente dare dei buoni frutti domani.

La Natura ci ha creato esseri “onnivori” eppure tra vegani, vegetariani e quant’altro c’è l’imbarazzo della scelta. Si tratta di mode o di esigenze dettate dagli ultimi tempi?

Noi siamo onnivori e bisogna sempre rispettare la Natura che non fa nulla a caso. Il fatto di decidere di essere vegani o vegetariani è più una scelta etica, almeno secondo la mia esperienza. Ovviamente ci sono situazioni particolari in cui è necessario ridurre le proteine di origine animale dalla propria dieta. Escludere però totalmente questi alimenti rappresenta più una scelta che può essere non condivisa ma che va rispettata. Pensiamo sempre al discorso di partenza: noi dobbiamo mangiare per nutrirci. Eliminando dalla nostra dieta proteine animali, abbiamo una carenza di vitamine e sali minerali presenti solamente in questi alimenti e ciò porta a ricorrere all’integrazione per evitare malformazioni o situazioni poco piacevoli.

Parliamo della figura del Nutrizionista: un aiuto o un incubo? E qual è la reazione dei pazienti davanti all’idea di dover affrontare una dieta?

Sinceramente su questo sono abbastanza contenta e soddisfatta. Ultimamente le persone si rendono conto di non saper mangiare e per questo si rivolgono al nutrizionista. Quando le persone vengono al primo incontro, alla domanda “perché ti sei rivolto ad una nutrizionista?”, la risposta è la seguente: “Perché devo imparare a mangiare, ho bisogno di una guida che mi insegni cosa mangiare nell’arco di una giornata”. Ci sono anche pazienti che magari stanno bene da un punto di vista fisico e di peso ma comprendono che devono integrare o togliere dalla propria dieta qualcosa per star meglio.

E le diete “fai da te”?

Le diete “fai da te” sono poco valide. Io dico sempre ai miei pazienti che la dieta è come un vestito: posso vederlo bene su una persona ma se lo indosso io magari mi sta male. La dieta non va intesa come una punizione ma come uno stile di vita sano, associato ad un’attività fisica che non deve essere necessariamente la palestra, ma anche una camminata. Ognuno di noi ha un determinato metabolismo quindi l’introito deve essere sempre paragonato a quello che si consuma nell’arco della giornata. Nelle diete “fai da te” si perde peso in maniera sbagliata. Gli studi dicono che il fallimento di tali percorsi sta poi nella fase di mantenimento che non viene seguito. Il peso perso, dunque, lo si recupera con gli interessi.

Qual è la fascia di età più difficile da gestire?

Secondo la mia esperienza la fascia di età più complicata da seguire è quella over 55/60. Molto spesso l’idea di voler dimagrire ma di aver fatto anche la propria vita li porta a non continuare il lavoro. Sono motivati gli adolescenti e, più in generale, le persone che devono migliorare la propria salute.

Qual è il metodo migliore per riuscire a mantenere il peso forma, tenendo conto della vita sedentaria che spesso conduciamo?

Come dicevo prima il fallimento di certe diete è proprio nella fase di mantenimento. Se però noi impariamo che la dieta è una educazione alimentare ed impariamo a mangiare in maniera sana, con alimenti freschi, agli stessi orari e a fare gli abbinamenti, direi che il peso che noi raggiungiamo potrà essere mantenuto per sempre. Dipende dal nostro impegno e da quanto noi facciamo propri gli insegnamenti che il nutrizionista ci può dare. Fare attività fisica, soprattutto all’aperto, aiuta perché il contatto con la natura è molto importante soprattutto a livello psicologico.

E poi c’è anche il discorso della socialità…

Assolutamente! Si deve rimanere sociali, frequentare gli amici, cerimonie e qualsiasi altra cosa e ciò è possibile se si comprende l’importanza del nutrirsi. Se viviamo la dieta come un incubo o una punizione non avremo nessun vantaggio.

Quindi una dieta sana per una vita sana?

Una dieta sana per una vita sana!

Grazie Elisa!

Arrivederci!

Prima giornata nazionale dell’Ortopedia e della Traumatologia, testimonial Deborah Compagnoni

Nell’ambito dei festeggiamenti per il 75° anniversario della proclamazione delle Repubblica, le istituzioni, su iniziativa della Federazione delle società medico-scientifico italiane (FISM) e con il patrocinio della cabina di regia “Benessere Italia” in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno voluto riconoscere l’alto valore del lavoro dei medici con l’istituzione di quattro giornate dedicate ad altrettante branche specialistiche. Una ogni venerdì, per tutto il mese di giugno.Si parte il 4 giugno 2021 con la prima giornata nazionale dell’Ortopedia e della Traumatologia.
La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) ha scelto come testimonial per la sua giornata la campionessa di sci olimpionica e del mondo Deborah Compagnoni, la prima ad aver vinto una medaglia d’oro in tre edizioni dei Giochi Olimpici invernali. Un’atleta molto amata per le sue vittorie ma anche per la sua tenacia: costretta a fare i conti con diversi infortuni, inclusa la rottura del ginocchio destro che ha seriamente rischiato di mettere fine alla sua brillante carriera.
«Nella mia storia di campionessa di sci ho avuto tante vittorie ma anche tanti infortuni, ed è grazie ai medici e alla loro professionalità che sono riuscita a recuperare e a ritornare vincente, – dice Deborah Compagnoni nello spot a supporto del lavoro degli ortopedici. – Perciò, rivolgiamoci a loro con fiducia e prendiamoci cura di noi» conclude.
È rimasto nella storia sportiva italiana, il suo urlo di dolore durante lo Slalom gigante alle Olimpiadi di Albertville nel 1992, appena 24 ore dopo aver conquistato la medaglia d’oro nel Super-G.
Sembrava che la sua carriera dovesse finire lì, e invece Compagnoni è riuscita a recuperare dal grave infortunio, vincendo, tra il 1994 e il 1998, tutti i trofei in palio tra olimpiadi e campionati mondiali e diventando la più forte sciatrice italiana di sempre.
«Abbiamo scelto Deborah Compagnoni perché è un simbolo di coraggio e tenacia; e dobbiamo tutti averne molto per ripartire dopo il Covid-19 e per recuperare migliaia di pazienti in lista d’attesa – commenta il presidente SIOT Paolo Tranquilli Leali. – Con questa giornata nazionale vogliamo lasciarci alle spalle il periodo buio in cui gli italiani hanno tanto sofferto e soprattutto vogliamo recuperare le migliaia di pazienti ortopedici che, per colpa della pandemia, non hanno potuto beneficiare di diagnosi, visite, cure e interventi chirurgici. A tutti questi pazienti vogliamo dire che sono nel nostro cuore, – prosegue Tranquilli Leali. – La nostra priorità è restituire la salute».
Inoltre, in occasione della giornata nazionale dell’Ortopedia e della Traumatologia, la SIOT ha attivato un servizio di consulenza gratuita e personalizzata attraverso l’apertura dell’email ortopedico@siot.it. È una vera e propria casella di posta elettronica per rispondere a tutte le domande dei pazienti, da quelle di tipo clinico, ai consigli sulla prevenzione e alla gestione delle liste d’attesa. A rispondere sarà un team di specialisti della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia. La casella resterà attiva sino alla fine dell’anno come strumento di dialogo diretto con i pazienti, in aggiunta agli strumenti on line già disponibili: il sito web www.siot.it, il canale YouTube e gli altri canali social (Facebook, Twitter, Instagram e Linkedin).
Le domande e risposte più interessanti, il prossimo anno, saranno raccolte in un’area FAQ (risposte a domande frequenti) che troveranno spazio sul sito istituzionale della Società italiana di Ortopedia e Traumatologia.«Siamo pronti a rispondere a tutte le vostre domande, – conclude il presidente Tranquilli Leali. – Per noi ortopedici, la salute è movimento e il movimento è salute».

COVID – I diabetici rischiano di più: prioritario per loro il vaccino

«Inserire le persone con diabete nella lista dei cittadini da sottoporre prioritariamente alla profilassi vaccinale» contro Covid-19, «indipendentemente dall’età». È la richiesta delle società scientifiche di riferimento per il diabete e per le malattie metaboliche in Italia-Amd (Associazione medici diabetologi), Sid (Società italiana di diabetologia) e Sie (Società italiana di endocrinologia) – contenuta in una lettera inviata al ministro della Salute Roberto Speranza, al commissario straordinario per l’emergenza coronavirus Domenico Arcuri, al direttore dell’Aifa Nicola Magrini, e al coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo. Gli esperti invitano anche «tutte le persone con diabete a sottoporsi con fiducia alla vaccinazione anti-Covid per abbattere il rischio di malattia sintomatica e potenzialmente grave». Nella lettera – firmata dai tre presidenti Paolo Di Bartolo (Amd), Agostino Consoli (Sid) e Francesco Giorgino (Sie) – si ricorda infatti «l’evidenza ben documentata di un’aumentata suscettibilità delle persone con diabete nei confronti delle infezioni in generale, e alla maggiore severità o frequenza di complicanze». Per quanto riguarda specificamente il coronavirus Sars-CoV-2, «i dati osservazionali indicano che la malattia da Covid-19 presenta una prognosi peggiore e maggiore mortalità nelle persone con diabete. Inoltre, gli outcome peggiori sono direttamente associati allo scompenso glico-metabolico». In Italia, «secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, il diabete mellito è presente nel 30% dei pazienti deceduti per Covid-19, una percentuale decisamente superiore rispetto alla prevalenza della malattia diabetica nella popolazione generale: questo indica che le persone con diabete, se affette da Covid-19, rischiano di andare incontro a maggiore gravità delle manifestazioni cliniche e a una evoluzione meno favorevole. Pertanto, la protezione delle persone con diabete dall’infezione da Sars-CoV-2 appare un obiettivo di prioritaria importanza, per evitare infezioni severamente sintomatiche e potenzialmente letali in questa categoria di cittadini

SensApp: Il Progetto Europeo coordinato dal Cnr che rivoluzionerà la diagnosi della malattia di Alzheimer attraverso un semplice esame del sangue

Il numero di pazienti nel mondo con diagnosi di malattia di Alzheimer sta crescendo a ritmo epidemico, e la diagnosi precoce continua ad essere una sfida importante. Ad oggi la procedura clinica standard prevede un prelievo invasivo di liquido cerebrospinale a livello lombare per rilevare livelli anomali di specifiche proteine. Il progetto SensApp, finanziato dall’Unione Europea in un bando molto competitivo, riunisce diversi team di scienziati in Europa per collaborare allo sviluppo di un super-sensore, che potrà consentire ai medici di effettuare una diagnosi di routine tramite un semplice esame del sangue.
La malattia di Alzheimer (MA) è la causa più comune di demenza nel mondo e consiste in un accumulo anomalo di proteine specifiche, dette amiloide e tau, nel cervello del paziente. La rilevazione di questi accumuli avviene tramite l’analisi del liquido cerebrospinale che viene prelevato attraverso una delicatissima puntura a livello lombare. Purtroppo, a causa dell’invasività della diagnosi è impossibile prevedere ad oggi programmi di screening nella popolazione. Pertanto, la MA viene diagnosticata tipicamente in una fase già avanzata, quando il deterioramento cognitivo è ormai irreversibile con evidenti sintomi di perdita di memoria e disorientamento.
Il progetto SensApp svilupperà un super-sensore che potrà riconoscere queste proteine nel plasma umano attraverso un semplice esame del sangue, con una sensibilità inferiore a 1 pg/mL, valore attualmente impossibile da ottenere con i protocolli standard.
“Il progetto riunisce competenze molto diverse che vanno dalla fisica e ingegneria alla biologia e alle scienze cliniche. Il nostro obiettivo è implementare un prototipo che sia in grado di effettuare la diagnosi della MA in modo rapido e non invasivo. Questo cambierà radicalmente le prospettive dei medici, poiché si potranno studiare nuove terapie sperimentali nelle fasi iniziali della malattia, prima della fase irreversibile che solitamente coincide con la comparsa di sintomi riconoscibili quali la perdita di memoria”, afferma la coordinatrice del progetto, la dott.ssa Simonetta Grilli.

Verso il prototipo di ‘super-sensore’
In questa fase del progetto, l’attività del consorzio si sta focalizzando sull’implementazione del prototipo, la cui funzione è basata su una tecnologia completamente nuova, testata per la prima volta dal team Cnr (Istituto di Scienze Applicate e Sistemi Intelligenti) che coordina il progetto e che l’ha denominata droplet split-and-stack (DSS). “In parole semplici, possiamo dire che usiamo un campo elettrico per sovrapporre minuscole goccioline di plasma l’una sull’altra per incrementare il segnale di fluorescenza inviato dalle proteine”. “Abbiamo già testato con successo al Cnr la sensibilità di questa tecnologia per quantità piccolissime (minore di 1 pg/mL) nel caso di campioni modello. La prossima sfida è rilevare le molecole della MA con la stessa sensibilità in campioni di plasma reali “, afferma Simonetta Grilli.
La nuova tecnologia sviluppata da SensApp sarà utilizzabile anche in altri campi della medicina laddove si cercano anticorpi molto diluiti nelle fasi iniziali della malattia, ad esempio in oncologia, o per malattie cardiache e legate allo stress e al covid. Il prossimo anno il progetto entrerà in una fase di test e inizierà a utilizzare le nuove unità automatizzate per analizzare i campioni di plasma alla ricerca dei biomarcatori della MA. L’obiettivo finale sarà quello di garantire una diagnosi rapida e non invasiva della MA attraverso un semplice esame del sangue in un laboratorio di analisi cliniche.